lunedì 14 novembre 2011
mercoledì 2 novembre 2011
I Danni Recati dallo Schermo
Come
la tv danneggia le facoltà mentaliMarco
Della Luna - http://marcodellaluna.info/sito/?p=506
Visto su www.stampalibera.com
Visto su www.stampalibera.com
Le
funzioni psichiche superiori, cognitive e metacognitive, possono essere
sviluppate, mediante l’addestramento (famigliare, scolastico, professionale) e/o
pratiche autonome, ma anche impedite nel loro sviluppo, o danneggiate. Uno dei
fattori più attivi in questo senso, sia per intensità che per quantità di
persone colpite, è la televisione, assieme ai videogiochi.
Norman
Doidge, in The Brain that Changes Itself (Penguin Books, 2007), espone
allarmanti risultati di rilevamenti scientifici sugli effetti neuroplastici
dell’esposizione alla televisione e ai video games. Preliminarmente, Doidge
illustra come la neuroplasticità, di cui già abbiamo trattato, fa sì che, come
il cervello foggia la cultura, così la cultura, le pratiche di vita (anche
quelle che possono essere imposte a fini manipolatori) foggiano il cervello. Lo
foggiano generando e potenziando reti neurali, collegamenti nervosi,
innervazioni, che consentono di compiere prestazioni ritenute estranee alle
facoltà dell’uomo, come aggiustare la vista alla visione subacquea senza l’uso
di occhialini (osservato negli “zingari del mare”, una popolazione di pescatori
di perle, e sperimentalmente riprodotto in bambini svedesi – Doidge, cit., pag.
288).
Anche
l’attività di meditazione muta il cervello, aumentando le dimensioni dell’insula
(pag. 290). Anche la pratica della lettura produce modificazioni espansive di
alcune aree corticali (pag. 293). I nostri cervelli sono diversi da quelli dei
nostri antenati. Principio basilare della neuroplasticità è che quando due aree
cerebrali lavorano abitualmente assieme, si influenzano reciprocamente e a
sviluppare connessioni, formando un’unità funzionale. Ciò può avvenire tra aree
di livello evolutivo diverso: ad esempio, nel gioco degli scacchi, dove si punta
a dare la caccia al re avversario, tra aree arcaiche esprimenti e organizzanti
l’istinto della predazione, e aree corticali esprimenti l’intellettualità (297):
in tal modo, l’attività predatoria viene temperata e trasfigurata.
Naturalmente, il condizionamento cerebrale, l’impianto di schemi neurali
(valori, codici, inibizioni, fedi) è assai più agevole e rapido nell’infanzia e
nella prima adolescenza, prima che si compia il processo di sfoltimento dei
neuroni e delle loro connessioni (neuroplasticità sottrattiva) (pag. 288). Per
tale ragione, tutte le istituzioni totalizzanti – religiose e politiche –
tendono ad impadronirsi della gestione dell’infanzia; notevole è il caso del
regime nordcoreano, che gestisce i bambini dai 5 anni in poi impegnando quasi
tutto il loro tempo in attività di culto delle personalità del dittatore e di
suo padre. Altresì per questa ragione, l’integrazione culturale e morale degli
immigrati adulti è pressoché impossibile, se richiede estesi “ricablaggi”
neurali. (pag. 299). Anche la percezione e l’analisi di eventi avviene in modi
diversi a seconda dell’imprinting ricevuto, e non per effetto di differenze
meramente culturali, ma a causa di diversità di reti neurali, come hanno
confermato esperimenti di comparazione tra occidentali e orientali (pagg.
298-304).
Dopo
tali premesse, Doidge spiega come la televisione, e gli schermi in generale,
risultano esercitare un’importante influenza neuroplastica, soprattutto sui
bambini, con dannose conseguenze, nel senso soprattutto di compromettere la
facoltà dell’attenzione. Uno studio su oltre 2.500 bambini ha mostrato che
l’esposizione alla tv tra 1 e 3 anni mina la capacità di prestare attenzione e
di controllare gli impulsi nella successiva fanciullezza. Ogni ora passata alla
tv a quell’età comportava una perdita del 10% della capacità attentiva all’età
di 7 anni (pag. 307). La pratica di guardare la tv è molto diffusa tra i bambini
sotto i 2 anni. Quindi la tv è verosimilmente un’importante causa del
moltiplicarsi di sindromi di deficit attenzionale e di iperattività (ADD, ADHD)
e della minore capacità di seguire le lezioni, di imparare, di capire – che si
nota vistosamente nelle scuole anche italiane, dove la necessità di abbassare il
livello dell’insegnamento per farsi capire ha già portato a una sostanziale
dequalificazione. E l’introduzione di computers in classe, evidentemente,
rischia di peggiorare le cose.
Notevole
è che questi perniciosi effetti non sono dovuti ai contenuti delle trasmissioni
televisive o dei videogiochi, bensì al veicolo stesso, allo schermo. Il mezzo è
parte costitutiva del messaggio, come intuì per primo Marshall McLuan. Il
medesimo testo è processato diversamente dal cervello, a seconda che arrivi
dalla lettura del giornale o dalla televisione. I centri di comprensione
attivati sono diversi, come mostrano scansioni cerebrali mirate (pag. 308).
“Molto
del danno causato dalla televisione e da altri media elettronici, come i music
videos e i computer games, viene dal loro effetto sull’attenzione. Bambini e
adolescenti dediti a giochi di combattimento sono impegnati in un’attività
concentrata e sono gratificati in misura crescente. Video games, come pure il
porno in Internet, hanno tutti i requisiti per mutare plasticamente la mappa
cerebrale.” Un esperimento con un gioco di combattimento (sparare al nemico e
schivare il suo fuoco) “mostrò che la dopamina – il neurotrasmettitore della
gratificazione, rilasciato anche per effetto di droghe assuefacenti – è secreto
dal cervello durante siffatti giochi. Coloro che sviluppano dipendenza dai
giochi cibernetici mostrano tutti i segni delle altre dipendenze: bramosia
quando cessano il gioco, trascuranza per altre attività, euforia quando sono al
pc, tendenza a negare o minimizzare il loro coinvolgimento effettivo.
Televisione,
video musicali, e videogiochi – tutti utilizzanti tecniche tv – operano a un
ritmo assai più rapido che la vita reale, e vanno accelerando, così che la gente
è costretta a sviluppare un crescente appetito per sequenze veloci in quei
media. E’ la forma del mezzo televisivo – tagli, inserti, zumate, panoramiche,
improvvisi rumori – che alterano il cervello, attivando quella che Pavlov
chiamava “reazione di orientamento”, che scatta ogniqualvolta avvertiamo un
improvviso cambiamento nel mondo intorno a noi, soprattutto un movimento
improvviso. Istintivamente interrompiamo checché stiamo facendo, focalizziamo
l’attenzione, e facciamo il punto. La reazione di orientamento si è evoluta,
senza dubbio, perché i nostri antenati erano sia predatori che prede e
abbisognavamo di reagire a situazioni potenzialmente pericolose o tali da
offrire opportunità per cose come il cibo o il sesso, o semplicemente a nuove
circostanze. La reazione è fisiologica: il battito cardiaco cala per 4 – 6
secondi.
La
tv fa scattare questa reazione con frequenza molto maggiore di quanto ci accada
nella vita – ed è per questo che non riusciamo a staccare gli occhi dalla tv,
persino nel mezzo di un’animata conversazione; ed è pure per questo che si
finisce per passare alla tv più tempo di quanto si intende. Poiché i tipici
video musicali, le sequenze di azione, e gli spot pubblicitari fanno scattare
la reazione in parola ogni secondo, stare a guardarli ti mette in uno stato di
incessante reazione di orientamento senza recupero. Non c’è da stupirsi, quindi,
se le persone si sentono svuotate dopo aver guardato la televisione. Però
contraggono un gusto per essa e finiscono per trovare noiosi i ritmi di
cambiamento più lenti. Il prezzo di ciò è che attività quali lettura,
conversazioni complesse, e ascolto di lezioni divengono più difficili.” (pag.
309-310). In sostanza, la televisione rende la gente al contempo dipendenti da
sé (quindi proni ai suoi input propagandistici e pubblicitari), e meno capaci di
attenzione, dialettica e apprendimento. Diventa quindi uno strumento di “social
control”, un tranquillante per le masse, e al contempo un veicolo per impiantare
in esse la percezione della realtà che si vuole che abbia. Inoltre, la tv crea
disturbi dell’attenzione e del controllo degli impulsi, che aprono un florido e
rapidamente crescente mercato per le industrie farmaceutiche, la psichiatria, la
psicologia clinica – come approfonditamente spiega l’Appendice di Regina
Biondetti alla 2a edizione di Neuroschiavi.
Va
inoltre evidenziato che la televisione abitua la mente a un rapporto
unidirezionale, passivo, e non interattivo, in cui si può solo recepire senza
replicare o criticare, e non vi è il tempo di analizzare e filtrare. Inoltre,
abitua a seguire immagini e suoni, non i discorsi, i ragionamenti; inibisce la
capacità di costruire o seguire sequenze logiche, con corrispondenti difficoltà
o impossibilità di apprendimento attraverso lo studio di testi
scritti.
Essenzialmente, la tv è il mass media per le classi mentalmente subalterne e inerti.
Essenzialmente, la tv è il mass media per le classi mentalmente subalterne e inerti.
Ovvia
misura protettiva contro questo mezzo di manipolazione mentale e neurale sarà
quindi il non esporre, o esporre solo minimamente, i bambini alla televisione e
ai video giochi, e il moderare assai anche l’esposizione degli adulti. Inoltre,
è opportuno trovarsi tempi e ambienti idonei al recupero, alla riflessione
solitaria, alla conversazione approfondita coi propri simili. Faccio presente
che è importante, ma non è sufficiente, il selezionare i contenuti, cioè il tipo
di programma che si guarda, perché il danno viene soprattutto dalla televisione
o dal videogame in sé, come veicolo, come modo di trasmissione e ricezione
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